sabato 24 marzo 2007

Quella frontiera sulla porta di casa


"Pane e coraggio ci vogliono ancora
che questo mondo non è cambiato
pane e coraggio ci vogliono ancora
sembra che il tempo non sia passato"

I.Fossati

Ahmed non mi pare un migrante. Più propriamente lo direi un vagabondante che ora abita e lavora a Pontremoli, città che peraltro segna solo una tappa del suo viaggio. Ha già attraversato diversi paesi e due o tre continenti da quando ha lasciato bambino la sua terra di nascita. La terra calda dei suoi padri è ora sparita o quasi dalla sua mente lasciando solo qualche debole traccia. Non ha più un paese, nemmeno quello di adesso qui dove alcuni ostinati gli propongono un'integrazione e una condivisione sincera ma, a suo sentire, anche interessata. Cosa sarebbe infatti la Pontremoli degli anni a venire senza di lui e quelli come lui? Un paese che si spegne ed in cui nessuno trova il pulsante per riaccendere.
"Meglio un fuoco fatuo che nessuna luce", narrava Emily Dickinson. Ci troviamo così ad apprezzare oggi la piccola luce offertaci da questo "giornale dell'Italia multietnica" che si titola Metropoli ed è supplemento settimanale di Repubblica. Circola da qualche giorno in città, con discrezione semiclandestina, grazie ad una iniziativa della bottega equo-solidale di via Garibaldi.
Sono poche pagine che ci aiutano a identificare questo mondo straniero che ci cammina a fianco e a comprendere il presente mentre abbiamo nelle orecchie il rumore assordante della banalità dei razzismi quotidiani.
Sono pagine che esplorano il vivere quotidiano visto dal basso con gli occhi di Ahmed e di chi, con permesso o senza, chiede non solo di esistere ma anche di vivere. Realizzano un puzzle complesso al cui interno si confondono frammenti di storia collettiva e di esistenze passate al setaccio. Usano un linguaggio rispettoso delle diversità, attento alla parte sociale, alle storie umane, alla valenza economica dell'immigrazione ed anche alla cultura degli stranieri.
C'è davvero bisogno di un giornalismo interculturale che, narrando la nuova società, ne alimenti il dialogo interno e ci aiuti a superare gli stereotipi ed i pregiudizi che ci portiamo appresso.
Permane il rischio che queste iniziative restino appartate e dimentiche, non riuscendo a incidere sul modo diffuso di fare informazione quando il resto della carta stampata persevera nel presentare il fenomeno dell'immigrazione come dramma e spettacolo.
Al momento, anch'io come Ahmed approfitto di questo giornale che si muove con agilità tra sperimentazione e utopia lungo la rotta dei migranti rendendo accessibile, non solo agli addetti ai lavori, quei problemi che per paura e/o per pigrizia lasciamo avvolti nella nebbia.
Per Pontremoli è una occasione e un modo per aprire finalmente la porta di casa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Siete molto bravi, ma un po' "cupetti".
Coraggio!

Distinti saluti.

Antonio Riccò

Barbér Pompeo ha detto...

Gentile Antonio, grazie del cordiale incitamento ed anche della sua attenta osservazione. Ne terremo naturalmente conto, anche perché non è piacevole riconoscersi contagiati dal "cupore".
Cordialmente