"Perché un bambino cresca bene,
occorre un villaggio intero"
(proverbio africano)
Ci siamo appena lasciati alle spalle gli esiti dell'anno 2008/09, con il suo vertiginoso aumento di respinti, con o senza 5 in condotta. Migliaia di non ammessi (esempio? 70.000 ragazzi tra la prima e la seconda media ripeteranno l'anno), in nome del rigore, della severità, del merito. Perché tante ripetenze? Per troppe assenze? Per cattiva condotta? Per profitto insufficiente? Un dato su cui riflettere è che una parte consistente dei respinti è composta di figli di immigrati, alle prese con le difficoltà della lingua e dell'integrazione.
Un contributo interessante alla comprensione dello stato attuale delle nostre istituzioni scolastiche ci viene fornito da Maurizio Parodi (*) con "La scuola che fa male" ed. Liberodiscrivere. E' un percorso disincantato e impietoso (ma non rassegnato) attraverso i mali che affliggono una scuola che è fonte di disagio e disadattamento per migliaia di bambini, che condanna (spesso i più poveri) all'ignoranza, che non sa motivare, interessare, coinvolgere. Che divide, a partire dagli spazi e dai tempi; che controlla, a partire dalla "postura pedagogica"(sembra che si possa imparare solo stando seduti).
E tutto ciò senza che nasca da un vero progetto, anzi Parodi individua una serie di "postulati pseudopedagogici"che sono fondamento di pratiche didattiche diffuse, in realtà privi di attendibilità. Uno per tutti: "L'insuccesso scolastico è dovuto all'inadeguatezza del soggetto". Facile, no? Così la scuola si autoassolve e si giustifica per i migliaia di bocciati.
Il ritratto emerso spiega il disagio e il malessere dei ragazzi, afflitti da malattie psicosomatiche e no, che escono dalla scuola"alfabetizzati" ma non lettori (anzi, il libro diventa, come per Pennac, un oggetto contundente), non scrittori, non autonomi, spesso incapaci di decidere e comunicare.
Se si fermasse qui, l'autore non farebbe altro che avallare e rafforzare quella diffusa percezione negativa, avvalorata da rapporti OCSE e quant'altro.
Parodi indica però percorsi alternativi, anche se solo abbozzati: non il "lasciar fare", ma il "lasciar essere" (gli studenti messi in grado di sperimentarsi, osare, rischiare), secondo il famoso slogan di Maria Montessori "Aiutami a fare da solo".
Parole chiave; accoglienza, esplorazione, scoperta, movimento, gioco. Senza dimenticare che la diversità è un valore. E non è poco in tempi in cui si sollecita la scuola a denunciare gli irregolari, figli di coloro che non hanno permesso di soggiorno, che sono poi quelli che della scuola hanno più bisogno.
Eppure. Eppure non riesco a scrollarmi di dosso un senso di disagio: un simile disastro implica un ritratto impietoso degli insegnanti, perché in fondo sono loro che praticano un insegnamento apodittico, che controllano, giudicano, valutano, impartiscono compiti.
Inoltre la lettura di questo testo entra a far parte di una "Campagna di rieducazione pedagogica nella scuola" dal titolo "Primum non nocere". Ecco, ancora la scuola che nuoce. L'insegnante che nuoce. Dove l'ho già sentito?
Il rischio è di contribuire a quella retorica dello "sfascio" che mi pare non necessiti di altri sostenitori. Davvero la scuola produce guasti inenarrabili? Davvero distribuisce solo dosi massicce di demotivazione? Davvero è solo luogo di malessere e inadeguatezza?
Credo che il quadro di Parodi, appartenga alla patologia non allo stato fisiologico della scuola italiana, che è anche spazio del dialogo e dell'accoglienza, improntato spesso a quello che Giuseppe Lombardo Radice definiva "contagio positivo", lo scambio tra chi insegna e chi apprende, unico antidoto alla scuola della paura e delle sanzioni. Nonostante il taglio di ore, fondi, laboratori, compresenze.
Il vero fallimento è perdere ragazzi per strada, a qualunque nazionalità appartengano.
A quella di Flaiano "Tutto quello che non so l'ho imparato a scuola", preferisco una citazione di Victor Hugo: "Se chiudi una scuola, apri una prigione"
(*)Maurizio Parodi, pontremolese di nascita (1956) e primi studi è dirigente scolastico assegnato all'Istituto Regionale di Ricerca Educativa della Liguria.
(by Annacarla)
Un contributo interessante alla comprensione dello stato attuale delle nostre istituzioni scolastiche ci viene fornito da Maurizio Parodi (*) con "La scuola che fa male" ed. Liberodiscrivere. E' un percorso disincantato e impietoso (ma non rassegnato) attraverso i mali che affliggono una scuola che è fonte di disagio e disadattamento per migliaia di bambini, che condanna (spesso i più poveri) all'ignoranza, che non sa motivare, interessare, coinvolgere. Che divide, a partire dagli spazi e dai tempi; che controlla, a partire dalla "postura pedagogica"(sembra che si possa imparare solo stando seduti).
E tutto ciò senza che nasca da un vero progetto, anzi Parodi individua una serie di "postulati pseudopedagogici"che sono fondamento di pratiche didattiche diffuse, in realtà privi di attendibilità. Uno per tutti: "L'insuccesso scolastico è dovuto all'inadeguatezza del soggetto". Facile, no? Così la scuola si autoassolve e si giustifica per i migliaia di bocciati.
Il ritratto emerso spiega il disagio e il malessere dei ragazzi, afflitti da malattie psicosomatiche e no, che escono dalla scuola"alfabetizzati" ma non lettori (anzi, il libro diventa, come per Pennac, un oggetto contundente), non scrittori, non autonomi, spesso incapaci di decidere e comunicare.
Se si fermasse qui, l'autore non farebbe altro che avallare e rafforzare quella diffusa percezione negativa, avvalorata da rapporti OCSE e quant'altro.
Parodi indica però percorsi alternativi, anche se solo abbozzati: non il "lasciar fare", ma il "lasciar essere" (gli studenti messi in grado di sperimentarsi, osare, rischiare), secondo il famoso slogan di Maria Montessori "Aiutami a fare da solo".
Parole chiave; accoglienza, esplorazione, scoperta, movimento, gioco. Senza dimenticare che la diversità è un valore. E non è poco in tempi in cui si sollecita la scuola a denunciare gli irregolari, figli di coloro che non hanno permesso di soggiorno, che sono poi quelli che della scuola hanno più bisogno.
Eppure. Eppure non riesco a scrollarmi di dosso un senso di disagio: un simile disastro implica un ritratto impietoso degli insegnanti, perché in fondo sono loro che praticano un insegnamento apodittico, che controllano, giudicano, valutano, impartiscono compiti.
Inoltre la lettura di questo testo entra a far parte di una "Campagna di rieducazione pedagogica nella scuola" dal titolo "Primum non nocere". Ecco, ancora la scuola che nuoce. L'insegnante che nuoce. Dove l'ho già sentito?
Il rischio è di contribuire a quella retorica dello "sfascio" che mi pare non necessiti di altri sostenitori. Davvero la scuola produce guasti inenarrabili? Davvero distribuisce solo dosi massicce di demotivazione? Davvero è solo luogo di malessere e inadeguatezza?
Credo che il quadro di Parodi, appartenga alla patologia non allo stato fisiologico della scuola italiana, che è anche spazio del dialogo e dell'accoglienza, improntato spesso a quello che Giuseppe Lombardo Radice definiva "contagio positivo", lo scambio tra chi insegna e chi apprende, unico antidoto alla scuola della paura e delle sanzioni. Nonostante il taglio di ore, fondi, laboratori, compresenze.
Il vero fallimento è perdere ragazzi per strada, a qualunque nazionalità appartengano.
A quella di Flaiano "Tutto quello che non so l'ho imparato a scuola", preferisco una citazione di Victor Hugo: "Se chiudi una scuola, apri una prigione"
(*)Maurizio Parodi, pontremolese di nascita (1956) e primi studi è dirigente scolastico assegnato all'Istituto Regionale di Ricerca Educativa della Liguria.
(by Annacarla)
3 commenti:
Scopro solo ora questa interessante recensione al mio ultimo libro.
Ringrazio Annacarla, sperando che la scuola non si trasformi in una "prigione" per l'intelligenza e la sensibilità degli studenti.
Maurizio Parodi (...pontremolese...)
incuriosita da te e dalla tua cultura, sto cercando con grande interesse m soprattutto con immensa voglia DI IMPARARE , ciò che senti dentro le tue corde più profonde, in riferimento alla SCUOLA. mi affasinano gli aggettiviche usi e le frasi mai banali per descrivere quasi come se fosse poesia, un luogo che molti come te , non vorrebbero vedere incacrenito ed incistato nel suo bozzolo. penso che la scuola sia ancora ad oggi, un bellissimo luogo, dove la gioia dell'apprendere è funzionale alla virtù dell'insegnare. io mi sento ad ogni inizio d'anno, un grande carico di responsabilità...ma anche una grande emozione , nel sapere che i miei ragazzi alla fine di una lezione mi stringono la meno dicendomi" Prof. lei merita la mia stima, meno male esistono persone come lei, capaci di darci VERITA' e parlare come noi vogliamo e riusciamo a comprendere. bellissima la vista di Rosa, il ristorante di Camogli...Marina
...non sono così ignorante, scusa per gli errori dovuti alla fretta.
non rileggo mai quando scrivo a braccio, perchè vorrei dire molte cose ed ho paura di dimenticare qualche passaggio.Marina
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