lunedì 28 maggio 2007

Edizione straordinaria

Corriere della iëra, edizione straordinaria.
L'arrivo del nuovo Sindaco Franco Gussoni al Municipio di Pontremoli non era imprevisto. Siamo in possesso del discorso di insediamento, prestatogli dal Sub-Comandante Marcos, pronto nel cassetto già da tempo.

Dalla terrazza del Palazzo Municipale di Pontremoli.

“Siamo arrivati. Qui siamo. Questo non è accidentale. E’ perché da diciassette anni il governo comunale stava dietro e sopra di noi. A volte con menzogne, a volte con offerte di compra-vendita delle coscienze, a volte con offerte di resa, a volte con stridenti dichiarazioni, a volte con oblii, a volte con silenzi d’attesa. A volte, come oggi, con silenzi impotenti. Mai ci ha ascoltato.
Se ci avesse ascoltato avrebbe potuto rendersi conto della lunga e salda orizzontalità di chi è perseguitato e, tuttavia, non si angoscia, perché sa che è il passo successivo quello che richiede attenzione e impegno.
Fratello, sorella: operaio, contadino, insegnante, studente, cittadino, casalinga, autista, tassista, meccanico, impiegato, venditore ambulante, disoccupato, immigrato, lavoratore nei mezzi di comunicazione, professionista, religioso, omosessuale, lesbica, artista, intellettuale, militante, attivista, soldato, sportivo, burocrate, uomo, donna, bambino, giovane, anziano.
Fratello, sorella: noi non dovremmo stare qui.
Coloro che dovrebbero stare qui sono le comunità cittadine, i loro 17 anni di lotta e di resistenza, il loro udito ed il loro sguardo. Gli uomini, donne, bambini, anziani che sono i piedi che ci fanno camminare, la voce che ci parla, lo sguardo che ci fa visibili, l’ascolto che ci fa ascoltare.
Sono loro quelli che merita vedere e ascoltare e parlargli. Noi non dovremmo essere qui.
E tuttavia ci siamo.
Qui siamo per dire che qui stiamo. E quando diciamo “qui stiamo”, anche l’altro nominiamo. Fratello, sorella che sei ribelle e che non lo sei, con te diciamo “qui stiamo e con te stiamo”.
Siamo uno specchio. Qui stiamo per vederci e mostrarci, affinché tu ci guardi, affinché l’altro si guardi nel nostro sguardo.
Non siamo coloro che aspirano ad impossessarsi del potere e da lì, imporre il passo e la parola.
Non lo saremo.
Non siamo coloro che mettono un prezzo alla dignità propria o altrui e convertono la lotta in mercato, dove la politica è faccenda di mercanti che si contendono non progetti ma clienti.
Non lo saremo.
Non siamo coloro che aspettano il perdono e l’elemosina di chi simula aiuto quando in realtà compra e non perdona ma umilia chi, solo per il fatto di esistere, è sfida e rivendicazione e domanda ed esigenza.
Non lo saremo.
Non siamo coloro che, ingenui, aspettano che dall’alto venga la giustizia che solo dal basso cresce, la libertà che solo con tutti si ottiene, la democrazia che è combattuta su tutti i piani e per tutto il tempo.
Non lo saremo.
Non siamo la moda passeggera che, passata, si archivia nel calendario delle sconfitte che questo paese ostenta con nostalgia.
Non lo saremo.
Non siamo lo scaltro calcolo che finge la parola ed in essa nasconde un nuovo inganno, non siamo la pace simulata che anela guerra eterna, non siamo chi dice “tre” e poi “due” o “quattro” o “tutto” o “niente”.
Non lo saremo
Non siamo il pentito di domani, colui che si converte in immagine ancor più grottesca del potere, colui che simula “buonsenso” e “prudenza” dove non ci fu che compra-vendita.
Non lo saremo.
Siamo e saremo uno in più nella marcia. Quella della dignità umana. Quella del colore della terra. Quella che ha vegliato e svegliato le molte Pontremoli che sotto Pontremoli si nascondono e fanno male.
Siamo una voce tra tutte quelle voci. Un’eco che dignità ripete tra tutte le voci. Ad esse ci uniamo, ci moltiplichiamo con esse. Continueremo ad essere eco, voce siamo e saremo. Siamo riflessione e grido. Sempre lo saremo.
Fratello, sorella: questo movimento, quello del colore della terra, è tuo e poiché è tuo è nostro
E’ ora che questo paese la smetta di essere una vergogna vestita solo del colore del denaro.
Qui siamo come ribelle colore della terra che grida: Democrazia! Libertà! Giustizia!
Pontremoli: non siamo venuti a dirti cosa fare, né a condurti da nessuna parte. Siamo venuti a chiederti umilmente, rispettosamente, che ci aiuti. Che non permetta che torni al albeggiare senza che questa bandiera abbia un posto degno per noi che siamo il colore della terra."


(Una traduzione più fedele del discorso del Sub-Comandante Marcos dal Zòcalo di Città del Messico dell'11 Marzo 2001 è disponibile su: ww.carta.org/cantieri/chiapas/010311discorsoMarcos.htm)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Barbiere, comprendo l'entusiasmo, ma fatico a immaginare il nostrano subcomandante Franco lanciarsi con furore in un simile discorso. Fatico anche ad impormi il convincimento che questo cambiamento, tanto necessario quanto ormai inevitabile, possa assomigliare in qualche modo ad una liberazione... Certamente è un inizio. Il resto si vedrà. Buonanotte

Barbér Pompeo ha detto...

Gentile Picador, concordo con il suo realismo. L'improbabile scoop del Corriere della iera ha radici nelle attese di cambiamento più che nelle realistiche aspettative dei frequentatori della barberia.

Anonimo ha detto...

"Stanotte, qui, al buio, ripenserò agli eventi che ho vissuto, e che non mi fanno ormai più soffrire. No, certo. Non provo niente, ma posso pensare. Ciò che ci fa soffrire a un dato momento, non ci fa poi più soffrire in seguito, e questo è probabilmente l'ultimo momento che appartiene ad un certo passato. Domani, dopodomani... bene, so già come andrà a finire, e non manca molto. Tutto è tranquillo, chiaro e fermo.

J. Harwey ".

Queste righe finali di un libro che lessi in gioventù mi sono rimaste impresse nella memoria e mi sono riaffiorate diverse volte negli anni, in momenti di passaggio, di travaglio, di incertezza, di cambiamenti interiori o esterni da me, tra le pieghe a volte amare di un sorriso di addio, o in notti insonni, come questa ultima, con l'alba che non vedevo l'ora che arrivasse, forse, incosciamente e ansiosamente curioso di vedere se ciò che aspettavo da tanti anni sarebbe poi alla fine arrivato. Poi è arrivata e, esausto, mi sono riappisolato alcuni minuti, prima di alzarmi per aprire l'officina.

Certo che la giornata non è diversa dalle altre, ma è diverso che ieri sera a Teleapuana sia passato un lunghissimo intervallo commentato da un assordante silenzio, ben diverso, per chi come me se lo ricorda bene, dai trionfalistici proclami, dalle telefonate in diretta con Pietrini da Zeri, dalle sperticate lodi a colui che era il vero e unico artefice della trionfale campagna del 2004. Certo che noi meccanici sappiamo che nelle riparazioni il "presto e bene" difficilmente capita e quindi, di norma, siamo persone pazienti, guardiamo il danno, smontiamo i pezzi vecchi, cerchiamo quelli con cui sostituirli, li montiamo e poi proviamo a mettere in moto. E quando è tutto di nuovo a posto, allora, e solo allora sui nostri visi sporchi di morchia spunta un sorriso di soddisfazione.
Mi sbaglierò ma penso che oltre che nella mia officina qualche sorriso in più in giro si vedrà.

Ti ringrazio per la cortese accoglienza, oltre che quanto di veramente costruttivo dici e fai sul blog.

Firmato:
Scintilla l'elettrauto.