sabato 17 febbraio 2007

La montagna tradita

Vivere quassù in montagna, oggi, è un atto di resistenza. A resistere oggi non sono più i briganti che si rifugiavano sui contrafforti appenninici per sfuggire ad una società e ad una giustizia ad uso e consumo dei potenti. Non sono nemmeno i partigiani che, protetti dalla natura e dalla gente di montagna, resistevano all’invasore aspettando un giorno di primavera per scendere a valle e annunciare un’era di libertà. A resistere oggi sono i pochi abitanti delle frazioni, fieri di vivere ancora nelle loro vallate e nei loro paesi fiaccati da troppi tradimenti.
Paesi traditi dal mito della fabbrica, al tempo in cui la mia e le altre frazioni erano ancora popolate e felici anche senza la strada asfaltata. Intanto la tv all’osteria propagandava la Terra Promessa dove si viveva in case confortevoli e riscaldate e si lavorava in fabbrica a stipendio certo per solo 8 ore al giorno. Vuoi mettere con lo spaccarsi la schiena per quattro lire nei “pianelli” sopra il cimitero? La generazione di mio padre partì in massa. Da lì, la montagna iniziò la sua agonia.
Paesi traditi dal benessere poiché, per chi rimase, il boom economico arrivò solo sotto forma di carità spicciola: una pensione dei coltivatori ottenuta con i buoni uffici del prete, un lavoro sotto lo Stato, una lampadina e un occhio chiuso, non sempre, sulla stalla abusiva. Sviluppo vero, quello no: pochi figli ragionieri, per il contado di una città nobile e classista. Al massimo l’avviamento o la Pineta, per i più fortunati. Io sono uno di loro: l’avviamento e poi, come per mio zio, la Pianura.
Paesi traditi dalla politica, perché ogni diritto, ogni metro di acquedotto o slargo di strada era in cambio del voto perpetuo, si capisce.
Paesi traditi dalle promesse, dopo che le lampadine, l’asfalto e tutto il resto erano stati elargiti in abbondanza. Promesse d’Europa, che avrebbe ricoperto di soldi le frazioni che sarebbero tornate a vivere prospere e popolose. Promesse di fondi del GAL per lo sviluppo rurale. Ma per noi semplici montanari, il GAL è rimasto “al gal”, quello che sta nel pollaio, anche se in bottega qualcuno dice che qualche agriturismo senza agricoltori e senza turismo sia effettivamente sorto. E l’Europa? Non è mai arrivata, fermatasi forse nel Salotto dedicatogli nella Piazza di Sotto.
Paesi traditi anche dalla Santa Madre, nonostante tanta devozione. Un prete dal fare spiccio ogni dozzina di campanili, un manager delle messe, non certo un prevosto come quello dei monti di Barbiana, povero ed ostinato nell'insegnare la dignità ai poveri della montagna.
Paesi che stanno morendo, dove gli emigranti ritornano sempre meno. Per San Rocco o per la Madonna. A mettere un fiore sulla tomba dei vecchi il giorno dei Santi. A riposare al fresco un paio di settimane ad agosto e poi di nuovo su al Nord, nelle città lucenti ma troppo tristi per chi da bambino la sera ascoltava le storie dei vecchi nel gradile e si addormentava al canto della civetta.
Quelli che ancora vivono lì sono quelli che hanno deciso di resistere. Attaccati ai boschi e alla terra magra e avara e decisi a non abbandonare il paese dove le corriere passano sempre meno, mentre gli uffici postali chiudono, le strade malmesse franano, la spazzatura, il gasolio e l’ICI costano tanto come giù a valle. Tutti li hanno traditi. Loro non tradiscono la loro montagna.
(by Ottavio)

2 commenti:

Carlo Parolini ha detto...

Caro Ottavio,
ho letto con piacere il tuo pezzo. Molto bello, complimenti!
Ma, permettimi, tradimento non è la parola giusta. Tradire significa uscire dai ranghi. Tradire è un'espressione letteraria. Tradire significa partire verso l'ignoto.
Dietro le cose di cui parli amaramente non c'è tradimento, ma solo corruzione. La corruzione di chi non sa amare e quindi non può tradire.
Un consiglio: trasforma il tuo lirismo in epica. E racconta senza paura chi ha corrotto la tua montagna.

Un abbraccio,
Carlo

Ottavio ha detto...

Gentile Sig. Parolini,
la ringrazio per i complimenti, che fanno sempre piacere.
Forse ha ragione lei, tradimento non è la parola giusta. Ma io sono solo un ragazzo di campagna, che ha fatto l'avviamento e ora il ragazzo di bottega in una barberia... non può pretendere da me grande cultura.
Forse potrei usare il verbo "derubare" piuttosto che il verbo "tradire": una montagna derubata della sua semplicità ingenua, del suo orgoglio, delle sue speranze.
Rifiuto la parola "corruzione": le mie frazioni non sono state corrotte, perchè chi viene corrotto subisce questa azione da una posizione di dominio rispetto al corruttore. Le mie frazioni e la mia montagna invece erano e sono in una posizione subalterna, di debolezza. Più che essere state corrotte, hanno subito un saccheggio.
Al di là delle divergenze lessicali, Carlo, continui a seguirci.
A presto.