"All over people changing their votes
along with their overcoats..."
(da: White man in Hammersmith Palais,
The Clash 1979)
Fu mio padre ad insegnarmi l'importanza ed il rispetto del voto. Lo ricordo, nelle sue domeniche da elettore, uscire presto in abito della festa in tempo per la Messa delle sette cui seguiva, con uguale zelo, il più laico rito del voto nel seggio poco distante. Le cose per lui avevano quell'ordine d’importanza e valore. Usciva dal seggio col passo e lo sguardo di chi è all'inizio di una giornata riuscita. Non votava mai per abitudine, convenienza o inconscia obbedienza. Non lo viveva come un momento di liturgia laica ma come un momento di dignità.
La mutazione della partecipazione nella sua retorica era di là da venire e lui sapeva che non gli sarebbe bastata una croce su una scheda ad acquietare la coscienza civile ed il bisogno di partecipazione tuttavia quel gesto gli era essenziale. Oggi vedo che la partecipazione e la trasparenza sono inserite nelle prime righe dei programmi elettorali di tutti i candidati, nessuno escluso. Dare trasparenza all'istituzione per allargare il perimetro della cittadinanza attiva e ancorare i processi decisionali alla partecipazione: non si possono dire o proporre o scrivere impunemente certe parole, perché le parole sono le cose e non è detto che non riescano a farci appassionare. Anzi, che sia davvero questa la piattaforma cui valga la pena impegnarci? Quanto sono offuscati, anneriti, sporchi i vetri della nostra casa comune se tutti - ripeto, nessun escluso - invocano e promettono trasparenza? Non mi nascondo che quelle frasi programmatiche emanano un che di propagandistico e reclamistico senza proposito e senza progetto, come semplici obblighi di campagna che impegnano chi ci crede ma non chi li pronuncia.
Don Sturzo diceva che "un programma non s’inventa ma si vive". Vivere la trasparenza e la partecipazione è una sfida, una fantasticheria inconscia venuta a galla per diventare consapevolezza e possibilità. Questo significa che possiamo, dobbiamo, abbiamo il diritto di realizzarla, come forse non è dato per nessun altro pensiero. Dall’indifferenza alla democrazia non nascono sogni ma incubi. Babbo ne sperimentò uno lungo un ventennio.
La mutazione della partecipazione nella sua retorica era di là da venire e lui sapeva che non gli sarebbe bastata una croce su una scheda ad acquietare la coscienza civile ed il bisogno di partecipazione tuttavia quel gesto gli era essenziale. Oggi vedo che la partecipazione e la trasparenza sono inserite nelle prime righe dei programmi elettorali di tutti i candidati, nessuno escluso. Dare trasparenza all'istituzione per allargare il perimetro della cittadinanza attiva e ancorare i processi decisionali alla partecipazione: non si possono dire o proporre o scrivere impunemente certe parole, perché le parole sono le cose e non è detto che non riescano a farci appassionare. Anzi, che sia davvero questa la piattaforma cui valga la pena impegnarci? Quanto sono offuscati, anneriti, sporchi i vetri della nostra casa comune se tutti - ripeto, nessun escluso - invocano e promettono trasparenza? Non mi nascondo che quelle frasi programmatiche emanano un che di propagandistico e reclamistico senza proposito e senza progetto, come semplici obblighi di campagna che impegnano chi ci crede ma non chi li pronuncia.
Don Sturzo diceva che "un programma non s’inventa ma si vive". Vivere la trasparenza e la partecipazione è una sfida, una fantasticheria inconscia venuta a galla per diventare consapevolezza e possibilità. Questo significa che possiamo, dobbiamo, abbiamo il diritto di realizzarla, come forse non è dato per nessun altro pensiero. Dall’indifferenza alla democrazia non nascono sogni ma incubi. Babbo ne sperimentò uno lungo un ventennio.
2 commenti:
Leggendo di tuo padre ho realizzato di essere più vecchio di quanto mi percepisco, complice il presbiterico e astigmatico visus che lo specchio al quotidiano rito della rasatura mi rimanda. Anch'io devo a mio padre questa immagine di sorta di doppio rito domenicale, la Messa e il voto, non un dovere ma una specie di sobria proclamazione di "essere". E devo dire che ancora nei prodromi della sua vecchiaia inabilitante mi ringraziava di averlo accompagnato all'adempimento di quello che per lui era un vero dovere civico. E anche per me! E' così chel'ho sepre percepito e vissuto, non per votare chi mi aveva - quando mai a me - o avrebbe potuto darmi o promettermi un aiuto, ma piuttosto per potere uscire dal seggio a testa alta e dire a me stesso:"ho votato bene". E così sarà anche domani, perchè appartengo al ridotto stuolo di coloro che non "si vogliono contare", che non vogliono apparire, che non vogliono conservare privilegi, che non vivono il fatto di essere persone veramente "qualsiasi" come una sconfitta, ma che, come dici tu, ci puoi trovare nella Musica Cittadina, nelle Associazioni del volontariato, al Centro Giovanile, al Cinema, alla Bottega Arcobaleno, in Parrocchia e negli altri posti dove chi fa qualcosa non per se ma per gli altri capisce che quel "DIO VE NE RENDA MERITO" che ci viene detto è troppo per quel poco che facciamo, ma quel commosso orgoglio che, di nascosto, ci fa gonfiare il petto sarà la spinta a dare di più domani, sapendo quanto bisogno c'è di "invisibili" come noi. E domani andrò alla Messa e poi a votare e, anche se non dico per chi, certo non voterò nè per quel centinaio di "cuori ardenti" che nel fuoco della loro passione bruciano la possibilità di potere dire qualche cosa di intelleggibile a qualcuno, nè per quel Signore che, dopo diciassette anni, ammesso e non concesso che avesse fatto fin'ora benissimo, ormai sarebbe ora che i suoi figli, se minimamente tenessero a lui, invece di mandarlo allo sbaraglio per sfruttarne la scia, lo consigliassero di passare la mano. Se penso a quei ragazzi diciottenni che andranno per la prima volta a votare, che fanno quasi fatica a pensare che l'Inter vinse l'ultimo scudetto mentre loro nascevano, come fanno a capire e accettare che a Pontremoli abbia comandato ininterrottamente la stessa persona per tutto il tempo che li ha visti vivere, e come faremo noi tutti, e i loro genitori, a fargli capire che non c'era altra possibilità? Invece l'altra possibilità ci deve essere. Ti rinnovo la stima e ti ringrazio dell'ospitalità con la spreranza che, veramente, "domani è un altro giorno e si vedrà".
Firmato : l'olandese volante.
Gentile olandese volante, "l'invisibile lavoro sociale" - sul quale già Ottavio si soffermava - di tante persone come lei è una delle risposte alla crisi della rappresentanza politica.
Il disincanto può far male solo se porta a chiudersi nel proprio piccolo mondo. Quando la perdita di fiducia nella politica non ripudia la propria responsabilità sociale ha anche lati positivi. Poiché non conta solo quanto vinciamo o quanto potere portiamo a casa. Non tutto dipende dal voto poiché non tutto dipende dal palazzo.
Resistere, esistere, agire socialmente crea qualità sociale della dialettica politica ed è già un esercizio politico vitale e prezioso.
Cordialmente
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