sabato 18 agosto 2007

Bocca di Rosa alla Fiera di San Genesio

(*)

E c’era una gran festa sotto i castagni di Filetto, dove le famiglie facevan merenda e i ragazzi il giro in tondo, e i sensali passavano da un crocchio all’altro, se c’eran giovinotte o giovinotti, a berne un bicchiere, a scrutar le intenzioni dei possibili fidanzati, lasciando cadere dai baffi, con una goccia di vino, una allusione maliziosa, una indicazione discreta, una mezza proposta, onde già — da crocchio a crocchio — gli sguardi cominciavano ad articolarsi in parole di cordialità, e s’annodavano conversazioni e correvan promesse.
Quando il diavolo — è il caso di dirlo — venne a metterci la coda.
Il diavolo, questa volta, fu, piuttosto, una diavolessa; e cioè una bella donna, ancor giovane se pur non giovanissima, la quale, scesa fresca fresca dal treno della Spezia (la carrozza del demonio) portava a spasso per la fiera, sotto un ombrellino giallo a fiori rossi, una testolina bruna con due occhietti cerchiati di nero, un nasino sentenzioso e astuto tra di maestrina in vacanza e di commessa di negozio, e una boccuccia più rossa delle guance, esageratamente dipinte.
Il suo vestito era di mussolina anche gialla a svolazzi, con una gran fascia rossa attorno alle anche, le scarpette vermiglie, le calze di seta, e il suo incedere era lento, di gazzella da circo ben educata.
Ella volgeva uno sguardo provocante, che si spicciolava in inviti ai bei giovinotti, e questi dapprima restavano lì stupiti e come incantati, pur sforzandosi, per pudore, di non volgersi a guardare quella strana e inattesa visione quando questa era passata e s’allontanava; ma, subito dopo, sorgevano dai muriccioli vestiti di larghe chiazze di licheni, (le masére) a cui s’appoggiavano, e vi salivano su per meglio ritrovarla e seguirla nel suo errare, così, senza parere.
Le ragazze da marito non furono le ultime a esser colpite da uno stupore che non tardò a volgere in sbigottimento, quando — proprio mentre in cima alla grande strada dov’era la cappella e che si inseriva e serpeggiava nel cuor del castagneto, s’annunciò, con un canto liturgico e con l’apparizione di un enorme crocifisso portato dal giovinotto più robusto del paese, la processione di San Genesio — s’avvidero che, dietro la bella ragazza giallo-rossa come la bandiera del re di Spagna, già s’infittiva la schiera dei giovanotti accorsi da tutte le masére del castagneto, al richiamo di una malsana curiosità.
Due processioni a un tempo, e come diverse!
E, forse, le pudiche ragazze da marito non videro il resto, prostrate come s’erano al passaggio della statua di stucco, goffa e miracolosa, di San Genesio, la cui presenza parve calmare, per un istante, le loro incipienti convulsioni, e fu fortuna; ma il resto, pur troppo, lo seppero poi, quando i testimoni oculari dell’accaduto raccontarono anche a chi non voleva starli a sentire (così le madri, che, inorridite, si tappavano le orecchie) come, a un certo momento, la diavolessa giallo-rossa fosse scomparsa dentro una casupola rovinata e senza tetto, dove, uno dopo l’altro, i futuri mariti delle belle proprietarie di case con i tetti a posto e con una buona dote nelle rozze calze di lana, erano andati a raggiungerla, secolei intrattenendosi per brevi minuti. Mai, fiera di San Genesio fu, a Filetto, più corta di quella. Sulla via del ritorno, dinnanzi ai carri sfrondati e sfioriti, le mucche camminavano a passo di funerale con le code svestite di fiocchi:
attorno alle ceste vacue, onde s’estollevan, bianchi, i colli dei fiaschi inariditi, le mamme e le figlie si stringevano con volti quaresimali: i sensali tiravan via con le mani penzoloni e deluse: i vitelli non saltavano più sull’orlo dei fossi: le fontane sembravano opache; sulle pietre miliari, c’era già un dito di polvere... E il sole era ancora alto.
Ultimamente, là dove la strada di Filetto si ricongiunge con quella che va dall’Aulla a Pontremoli, il triste corteo fu colpito da un fischio acuto: il treno!
Si fermarono tutti e aspettarono in silenzio, respirando a stento in quella grave atmosfera di profanazione, ancor densa degli eccitanti fumi del festino.
Il treno passò via, nero e goffo, fra la collera contenuta di tutta quella gente; ma la collera non si contenne più, allorché, da un finestrino, fu visto, agitarsi, giallo e rosso come la bandiera del re di Spagna, il parasole della impudica forestiera, che se ne tornava alla Spezia e, soddisfatta di aver alleggerito i bei giovinotti dell’alta valle di Magra d’una parte, d’altronde assai piccola, delle future doti, li salutava allegramente così.
A questo punto, la collera popolare scoppiò. C’era in quella collera un po’ di rancore anche contro il treno, agente della peronospora e della filossera, rovina del piccolo commercio locale, perturbatore della pace della città e della valle, e causa del rialzo del costo della vita, sobillatore politico pericoloso e strumento di disordine sociale e, finalmente, contaminatore dei buoni costumi?
Sì, diavolo, e come!
Ma, in quell’occasione, la collera popolare prendeva anche di mira chi l’aveva provocata: la donna giallo-rossa, oltre che il sonoro veicolo che l’aveva portata fin lassù.
— Puttana! gridò uno, tendendo il pugno.
E, con fragor di tuono, il grido fu ripetuto da tutte le bocche, anche le più caste, anche le più candide, e lo ricevettero e lo respinsero nel vuoto tutti gli echi della valle, riscuotendo dal sonno le rare lepri e i beccaccini addormentati fra i vetrici rossi ond’era irto il letto della Magra.
— Puttana!
E, sebbene il treno fosse ormai lontano e scomparsa la bandiera del re di Spagna, il funerale prese l’andatura gagliarda di una rivolta: la rivolta contro colei che, condotta dal treno, aveva offeso, umiliato, assassinato il tradizionale pudore di tutta l’alta valle di Magra.
da: Pontremoli una cittadina italiana fra l’80 e il 900, di Luigi Campolonghi; Marsilio 1988

(*) "Ragazza oggetto" è opera di Vittorio Zani (Rocca Sigillina 1912-Pontremoli 2007). Dedichiamo oggi questo quadro alla città di Pontremoli. Città in cui un Parroco ha giudicato intollerabile scandalo un dipinto contenente una figura di nudo né osceno né volgare, frutto del live painting di una sera, lasciato, cibo per la mente, troppo vicino al portone di S.Gemignano.

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