sabato 25 ottobre 2008

Inattesi paradossi storici

Proviamo a riconoscere l’autore di questa relazione di fine anno scolastico scritta nel giugno 1902 da un maestro-supplente a Pieve Saliceto, piccola frazione di Gualtieri, provincia di Reggio Emilia.

"Frequenza: La frequenza fu lodevole. Ebbi su trentacinque iscritti una media di trentatré frequentanti giornalieri. Anche questo è un segno dei tempi. La scuola s’innalza nel concetto delle masse e diviene necessità sociale. Anche la parziale refezione scolastica contribuì alla frequenza.
“Stato intellettuale e fisico degli alunni. Non posso dir nulla sullo stato fisico ed intellettuale degli alunni all’ingresso della scuola per la ragione semplicissima che non c’ero. Al termine dell’anno scolastico i gobbi lo erano ancora ed idem dicasi dei deficienti. Per i primi la cura consigliabile è quella dell’Istituto ortopedico Rizzoli, per gli altri occorre un altro organamento della vita scolastica che dia agio all’educatore di porre in atto, almeno in parte, la trangugiata teoria pedagogica.
“Disciplina. La disciplina l’ho sempre ottenuta con mezzi semplicissimi: destando l’allettativa, l’interessamento; vigilando. Non è disciplina, quella che si ottiene con mezzi coattivi. Comprime l’individualità infantile e genera tristi sentimenti. Il maestro deve prevenire e rimuovere le cause del male per non dover poi dolorosamente reprimere.
“Diligenza. Finché scuola e famiglia non saranno unite nell’opera educativa la vera diligenza resterà pio ed utopico desiderio. Come pretendere un foglietto pulito da un bambino che fa il compito in una stalla per dura necessità di cose? La pratica qui ebbe la salutare virtù di farmi buttare alle ortiche molta e forse ingombrante zavorra idealistica.
“Risultati conseguiti. Per un complesso di cause indipendenti dalla mia volontà i risultati non furono troppo soddisfacenti quantunque non abbia trascurato nulla per migliorare le sorti psichiche di bambini massacrati da lunghi anni di sgoverno scolastico. *** Noto che mal s’appone al vero chi crede con coscienza di giudicare la valentia di un maestro dal numero dei presentati e promossi all’esame. Perché? Perché l’esame fatto come si fa oggi, acquista i poco pedagogici caratteri di un giudizio di Dio, e non sono rari i maestri, che unitamente ai bimbi si affidano alla medesima dea: la fortuna.
“Programma e suo svolgimento; giornale di classe. Il programma lo svolsi come potei, il giornale di classe non l’ho fatto.



Il nostro maestro supplente nel 1902 dice “la scuola è necessità sociale”, è favorevole al tempo pieno “anche la parziale refezione contribuisce alla frequenza”, chiede insegnanti di sostegno per coloro che accusano deficit e ritardo cognitivi, è contrario al sette in condotta “non è disciplina quella che si ottiene con mezzi coattivi”, invoca l’unità tra scuola e famiglia nell’opera educativa, mette in rilievo il peso rilevante del condizionamento sociale nei risultati scolastici, accusa il massacro causato da lunghi anni di “sgoverno scolastico”. Dice che sbaglia chi vuol giudicare l’insegnante dal numero degli alunni presentati o promossi agli esami perché la scuola non si misura con criteri aziendalistici. Il programma il nostro maestro-supplente lo ha svolto come ha potuto e non compila il giornale di classe, segno che l’inizio del processo di burocratizzazione della professione docente si perde nella notte dei tempi. Paradossi della storia:qualcuno avverta certi nostalgici di oggi. Neppure lui apprezzerebbe i loro decreti scolastici.

PS1: Il maestro-supplente è Benito Mussolini. La citazione è tratta da “Mussolini” Istituto Editoriale Italiano – Milano 1947, pagg. 53-54.
PS2: Sia chiaro: anche così, il maestro in questione non suscita alcuna personale simpatia in questo blog.

Nessun commento: