sabato 25 agosto 2007

L'isola che non c'è

Nell’Isola che non c’è si può consumare l’aperitivo direttamente seduti sul sedile della propria auto. E con un' inversione e una retro, dalla stessa postazione si può gustare il gelato più buono della piazza o assistere a dibattiti con intellettuali e Vip (con l’unico problema che i pedoni che preferiscono il tavolino al cruscotto obbligano le auto a stare nelle retrovie) o anche entrare in Duomo per una preghiera.
I negozi dell’Isola che non c’è mostrano il logo Centro Commerciale Naturale, dimentichi o forse ignari che nei centri commerciali “artificiali” i pedoni non devono schiacciarsi contro i muri per non essere investiti, e le macchine non passano a 20 centimetri dalle vetrine.
Gli operatori commerciali dell’Isola che non c’è che sostengono che le loro attività vivono solo con il transito delle automobili. E quelli che lo dicono con più insistenza, li trovi in ferie quindici giorni ogni tre mesi o chiudono ad ogni pausa pranzo e dopocena. Buon segno: significa che gli affari non vanno così male come vogliono fare credere. L’isola che non c’è non richiede controlli e manutenzioni, perché tutto si autoregola: la sosta, i flussi di traffico, i tavolini, la pulizia. La decennale assenza dalla scena della Polizia Municipale e la sempre perfetta cura dei cassonetti lo dimostrano.
Quelli che sul destino dell’Isola che non c’è avrebbero l’ultima parola per mandato popolare, nicchiano timorosi e ascoltano i pareri e le rimostranze di tutti tranne che dei cittadini che sognano panchine, spazi per i bambini, una strada e una piazza dove incontrarsi senza paura di essere investiti. Come accade nei centri storici di Sarzana, di Massa, di La Spezia, persino di Aulla!
Ma qui siamo a Pontremoli, e il centro storico è già più che valorizzato. Nell’Isola che non c’è magari non saranno ben conservati i lastricati o le facciate, ma sicuramente è rimasta immutata, come da nessuna altra parte, la struttura sociale. Nell’Isola che non c’è, gravandosi di improvvisate e improprie mansioni quali il decoro urbano e la viabilità, a porre e disporre, oggi come in passato, sono ancora loro: il curato e l'alchimista. Coraggiosi e inconsapevoli, come soldati giapponesi nella foresta di un' isola abbandonata, quando nessuno li ha avvertiti che la guerra è finita e che è tempo di ricostruire.
(by Ottavio)

3 commenti:

hermansji ha detto...

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Anonimo ha detto...

"Va premesso che nonostante la suddetta piazza (Rivergaro n.d.r.) fosse una volta soprannominata il “salotto di Piacenza” non si tratta di una vera piazza, ma semplicemente di un tratto di strada circondato da palazzi, compresa una palazzina moderna poco gradevole, intasata di automobili di passaggio o alla ricerca di un parcheggio.
È abbastanza incomprensibile perché non si abbia il coraggio di chiudere in modo permanente un tratto di strada assolutamente inutile e pavimentarlo in modo dignitoso visto che è il punto centrale di un centro di villeggiatura. Non è però un problema che riguardi solo Rivergaro. Tutti i paesi della bella Val Trebbia, ed in generale della provincia di Piacenza, non hanno la sensibilità (o il coraggio) di creare una zona pedonale libera dai gas di scarico e dai parcheggi delle automobili.
Lo stesso Travo, che ha di recente restaurato e ripavimentato la propria piazza, ha lasciato poi via libera al parcheggio delle auto".

Barbér Pompeo ha detto...

Così, in ogni città, grande e piccola, cresce una comune sensibilità, dinanzi allo sconcerto del non poter portare i nostri passi lenti nelle nostre antiche strade. Questo non potrà lasciare indifferente ancora a lungo chi amministra.