sabato 10 marzo 2007

Quel che le foto non dicono


I'm just average,common too
I'm just like him, the same as you
I'm everybody's brother and son
I ain't different from anyone
It ain't no use a-talking to me
It's just the same as talking to you.

I shall be free
No.10
B.Dylan

La mattina era tiepida. Attraversata piazza Italia e raggiunto il bar sull'angolo, sono entrato per una colazione al banco come ogni lunedì di riposo.
Sollevando il capo dal cappuccino, lo sguardo si apre su un drappo di foto istantanee che scendono, appese e affiancate, dalla mensola sopra il bancone a formare un mosaico di quella Pontremoli che ancora non ha raggiunto i trent'anni.
Ragazzi e ragazze con le mani occupate da una lattina o una bottiglia o un bicchiere - senza i quali forse quegli sguardi disinibiti e liberi e quella freschezza dei sorrisi e delle risa non sarebbero tali - che pure ispirano un'invidia bruciante.
Impudenti e sfacciati ma vivi e mai boriosi.
Non ricordo di aver avuto alla loro età lo stesso sguardo ironico e disincantato. Anche noi - la mia generazione intendo - avevamo spesso l'aria di chi ti dice affanculo, ma con lo sguardo serio o persino truce, ad aggredire più che a snobbare l'infinita stupidità degli adulti.
Questi ragazzi non ostentano la loro diversità, la vivono e basta. Qualcuno ha gli occhi accesi, qualcuno la faccia da nottambulo, privi o quasi di atteggiamenti studiati del corpo.
E' un far finta di essere sani? Non lo so. Forse quelle foto non dicono tutto di loro.
Cosa rimane per loro al fondo dell'ultima birra scolata il sabato sera? Solo un rutto, a rompere il silenzio in attesa del tiro di prima mattina.
Davanti a loro una visione spesso asfittica e desolante della vita quotidiana cittadina che induce scoramento, schifo e sfiducia oltre il tollerabile ed a cui pochi sfuggono con fatica.
Alla loro età, mi par di intuire, ero assai più povero della media di loro ma assai più ricco di speranze, progetti e attese.
Neppure la famiglia è per loro un porto sicuro, un attracco da cui riorganizzare la navigazione. Una famiglia disorientata che non educa all'apertura a nuovi orizzonti ma si chiude a riccio coltivando un egoismo familistico che guarda il mondo dallo spioncino del portone.
Dalla bocca dei politici poi, questi non sapranno alcuna verità ma solo chiacchiera che nasconde silenzi o menzogne o lusinghe.
E non tutti capiscono che chi li lusinga è un loro nemico.
Anzi, qualcuno l'ha pure capito ma non lo giudica intollerabile.
Ai più, invero, non piace il piatto che viene loro servito: si sentono orfani di menù e sognano di rovesciare il tavolo.
Intanto lasciano che la nebbia scorra davanti alle loro vite, in attesa di lasciarsi illuminare dal sole.
La fervida sensibilità degli sguardi e l'aria di festa di quelle foto non dicono tutto. Quei volti ci sembrano dire, rassicuranti "non vi angosciate, ce la caveremo" ma intanto è come si sentissero orgogliosi di non aver rivelato nulla di sé.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che questi trentenni e ventenni, cresciuti nello spirito degli yuppies degli anni '80 americani, non siano meglio dei loro genitori.
Temo che nei prossimi anni avranno anche qualche difficoltà di adattamento, dato che lo spirito del tempo che si affaccia potremmo definirlo un nuovo "decadentismo". E' quello che stanno mettendo in luce i film più recenti, come lo straordinario "La ricerca della felicità".
Complimenti per le fotografie e la sua discreta e sensibile vetrina su Pontremoli.Saluti S.R.

Barbér Pompeo ha detto...

Gentile S.R. la ringrazio del suo apprezzamento. Riguardo ai confronti figli/genitori, credo sia una costante storica lo scontro tra l'immaginario degli adulti che tende a dettare gli stili di vita e la necessità dei giovani di provare, con azzardo ed a proprio rischio, strade nuove e diverse. Ora, senza ricorrere a retoriche giovanilistiche, mi chiedo se sia utile o ininfluente, realistico o illusorio lo sforzo che molti di noi fanno - o il bisogno che molti di noi sentono - di mantenere un canale di comunicazione tra le generazioni.

Carlo Parolini ha detto...

La giovinezza, caro Pompeo, è un'età lirica, come liriche sono state le nostre battaglie garibaldine.
Oggi a più di cento anni di distanza, a volte, mi prende un'ondata di rabbia verso la mia età di allora.
Da vecchio ultracentenario mi sforzo di lottare. Di lottare contro l'oblio.
E' il famoso tema di Orwell: l'oblio imposto dal potere, che noi garibaldini non possiamo accettare. Neanche sotto il cielo di Pontremoli.
Un saluto,
Carlo Parolini