Uno dei gran mali di quella provincia è (…) l’eccessivo numero di preti, che è esorbitante, essendovi una specie di lusso di volere in ogni famiglia di contadino il prete. Questi e quasi tutti i curati sono ignorantissimi, scandalosi, dediti alle donne e ubriaconi; si credono affatto indipendenti dal governo e disprezzano ogni castigo."
[da“Relazioni sul governo della Toscana” di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena, 1786.
Il brano delle Relazioni, che interessa Pontremoli e la Lunigiana, è pubblicato da Giulivo Ricci in "La Lunigiana del Settecento" Centro Aullese di Ricerche e Studi Lunigianesi, Aulla, 1980
Il brano delle Relazioni, che interessa Pontremoli e la Lunigiana, è pubblicato da Giulivo Ricci in "La Lunigiana del Settecento" Centro Aullese di Ricerche e Studi Lunigianesi, Aulla, 1980
Le relazioni del Granduca sono intrise di un pregiudizio anticlericale proprio del suo tempo e del suo regno. Ma cosa scriverebbe oggi Pietro Leopoldo, se tornasse tra le chiese di Pontremoli?
Mentre leggo le Relazioni, gentilmente regalatemi da un cliente colto e laico la piazza, qui fuori dalla bottega, è tornata alla normalità. La storica ordinazione in Duomo e la classica processione mondano-religiosa del 2 luglio sono passate.
Le chiese nel borgo sono tornate alle loro consuetudini sonnacchiose e immutabili, al perbenismo austero e elitario e all’abituale tradizionalismo quasi ostentato e fuori dal tempo. Dietro i portali dei templi, nelle sacrestie, nei vuoti antichi palazzi dal passato sepolto nella storia, nelle stanze dei cenacoli esclusivi e riservati il tempo pare rimandare ai fasti sgualciti della città nobile, a nere nostalgie del potere temporale, talvolta ai ricordi di comunità parallele alla stessa chiesa.
Appena fuori, nelle strade e nelle case intorno, silenziosamente ma incessantemente tutto muta: i costumi, i colori della pelle, le fedi, le relazioni, i bisogni. Là dentro tutto appare fermo, freddo e sordo alle ragioni, alle speranze ed alle inquietudini di una città che chiede ascolto.
(by Ottavio)
Mentre leggo le Relazioni, gentilmente regalatemi da un cliente colto e laico la piazza, qui fuori dalla bottega, è tornata alla normalità. La storica ordinazione in Duomo e la classica processione mondano-religiosa del 2 luglio sono passate.
Le chiese nel borgo sono tornate alle loro consuetudini sonnacchiose e immutabili, al perbenismo austero e elitario e all’abituale tradizionalismo quasi ostentato e fuori dal tempo. Dietro i portali dei templi, nelle sacrestie, nei vuoti antichi palazzi dal passato sepolto nella storia, nelle stanze dei cenacoli esclusivi e riservati il tempo pare rimandare ai fasti sgualciti della città nobile, a nere nostalgie del potere temporale, talvolta ai ricordi di comunità parallele alla stessa chiesa.
Appena fuori, nelle strade e nelle case intorno, silenziosamente ma incessantemente tutto muta: i costumi, i colori della pelle, le fedi, le relazioni, i bisogni. Là dentro tutto appare fermo, freddo e sordo alle ragioni, alle speranze ed alle inquietudini di una città che chiede ascolto.
(by Ottavio)
3 commenti:
eppure questi luoghi, per qualcuno scheletri di un passato finito, o dimore di una fede vuota e abitudinaria, o teatro di sceneggiate teatrali, oppure ancora nascondiglio di cricche complottarde, sono ancora un punto di riferimento. Per chi giunge a Pontremoli da lontano; per chi vuole conoscere questa città a fondo, nelle pieghe e nelle ferite del suo passato; per chi crede che sia importante avere un passato; per chi si stupisce di ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità come segno - non erano tutti ubriaconi ed ignoranti, a quanto pare -; per chi crede che avere delle tradizioni e perpetuare dei riti voglia dire anche - e soprattutto - ricercare la propria identità e verità; per chi crede che questi luoghi siano anche e davvero templi di qualcosa che è eterno e trascendente. Per chi crede e basta. E nonostante tutto.
Nonostante tutto, con buona pace del Granduca e del ragazzo di bottega, non sono inutili. Non sono sordi. Non sono vuoti.
Signor Picador,
innanzitutto grazie per la sua gradita presenza in bottega anche in questi mesi estivi.
Lei dice cose che io condivido in pieno. Ma mi permetta di aggiungere che è sì importante avere un passato, ma per costruire su di esso il proprio futuro; che le tradizioni e i riti, se sganciati dal vissuto delle persone perdono il loro contenuto di trascendenza e trasformano l'identità in nostalgia; che le eredità vengono lasciate perchè se ne faccia buon uso, non per compiacersi di averle ricevute in dono.
E' notizia dei giorni scorsi che la lapide che sopra la tettoia degli Svizzeri ricorda la visita del Granduca a Pontremoli nel 1786 si è impovvisamente staccata dalla facciata del palazzo comunale ed è rovinata miseramente al suolo...
L'altro dì si è pure staccato il battacchio di una campana del Campanone e solo per miracolo non è tragicamente volato in piazza!
Segni dei tempi?
Cordialmente.
Ottavio
Sottoscrivo, e ricambio cordialmente i saluti...
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