"I bambini si incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Su di loro l'infinito cielo è silenzioso,
l'acqua si increspa.
Fanno castelli di sabbia
e giocano con vuote conchiglie.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sull'immensa distesa del mare."
R. Tagore
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Su di loro l'infinito cielo è silenzioso,
l'acqua si increspa.
Fanno castelli di sabbia
e giocano con vuote conchiglie.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sull'immensa distesa del mare."
R. Tagore
Succede tutto in pochi giorni. Archiviata l'estate, ripristinata l'ora solare e fatalmente accorciate le giornate, nemmeno il tempo di adattarci a questo cielo invernale che ci sorprende sempre per la repentinità del suo arrivo - ho letto che persino gli eschimesi sono sconcertati dai cambiamenti climatici - ed ecco insinuarsi piano piano nella nostra vita, prima con discrezione poi con prepotenza, l'atmosfera natalizia.
Giusto il tempo di festeggiare l'insopportabile idiozia di Halloween, famigerato esempio di colonizzazione culturale (o commerciale?), ormai entrata nel nostro DNA festaiolo.
Ma non è che una notte, perché l'attesa, quella vera e sempre più anticipata, è tutta per il Natale.
Non vorrei essere così scontata da parlare con quell'aria di sufficienza, che è sempre un po' snob, dell'orgia di luci, addobbi, scambi di auguri, pubblicità dolciaria - ipercalorica solo a guardarla -che ci attende e non ci darà tregua fino al 6 gennaio.
Ma una parola vorrei spenderla su un protagonista della festa prossima ventura: il giocattolo. Le vetrine che dai prossimi giorni ne traboccheranno mi mettono tristezza. Perché mi riportano a quando la parola "giocattolo" evocava una magia che non ritrovo oggi, e non solo per ragioni anagrafiche. Come anche il termine "gioco", che mi fa pensare all'aria aperta, a spazi, strade , cortili.
Erano preziosi i tappi a corona delle bibite gassate "sparati" con le dita su piste disegnate in terra col gessetto. D'estate i noccioli delle pesche servivano per abili giochi di prestigio con le mani. Erano ricercate le biglie dai fantasmagorici colori. Trottole e birilli erano un tesoro che ti assicurava una corte di amici con cui condividerli. Perlopiù i maschi, costruivano semplici ma micidiali fionde con cui facevano gare di tiro. Purtroppo spesso le vittime dei loro proiettili erano innocue lucertole o uccellini che per fortuna erano più veloci a fuggire. Senza niente si poteva giocare alla morra, provare ad ammaestrare una lucertola; con una tavoletta e 2 corde si poteva montare un'altalena e quindi volare.
Con le nocciole si facevano collane così belle che era un peccato mangiarle.
Il primo lavoro retribuito è stato in fondo un gioco: si andava tutti insieme nel Magra a raccogliere vimini, si "scorticavano" con un pezzo di legno tagliato in mezzo, se ne facevano fascine che poi venivano vendute a cestai per 5/10 lire.
E poi Natale, la tombola nelle sere di vacanza, quando per segnare i numeri si usavano fagioli e granturco. E sull'albero poche palline di negozio, poi tutto quello che si trovava di colorato o appetibile: mandarini, noci, figurine.
Va bene, un po' sono caduta nella retorica della nostalgia, ma,dicevo, le vetrine di giocattoli non mi riconciliano con feste ormai convertite all'intemperanza del consumo, forse per l'enorme disponibilità di scelte che ti disorienta, forse per la qualità di molte proposte: alcuni giochi hanno istruzioni difficilissime incomprensibili ai bambini e snervanti per i genitori.
Ma esistono ancora le letterine con i brillantini d'oro e d'argento da mettere sotto il piatto dei genitori? Loro dovevano fingere la sorpresa e solo così poteva avere inizio il pranzo di Natale.
O si sono smarrite come i cacciatori di aquiloni?
Giusto il tempo di festeggiare l'insopportabile idiozia di Halloween, famigerato esempio di colonizzazione culturale (o commerciale?), ormai entrata nel nostro DNA festaiolo.
Ma non è che una notte, perché l'attesa, quella vera e sempre più anticipata, è tutta per il Natale.
Non vorrei essere così scontata da parlare con quell'aria di sufficienza, che è sempre un po' snob, dell'orgia di luci, addobbi, scambi di auguri, pubblicità dolciaria - ipercalorica solo a guardarla -che ci attende e non ci darà tregua fino al 6 gennaio.
Ma una parola vorrei spenderla su un protagonista della festa prossima ventura: il giocattolo. Le vetrine che dai prossimi giorni ne traboccheranno mi mettono tristezza. Perché mi riportano a quando la parola "giocattolo" evocava una magia che non ritrovo oggi, e non solo per ragioni anagrafiche. Come anche il termine "gioco", che mi fa pensare all'aria aperta, a spazi, strade , cortili.
Erano preziosi i tappi a corona delle bibite gassate "sparati" con le dita su piste disegnate in terra col gessetto. D'estate i noccioli delle pesche servivano per abili giochi di prestigio con le mani. Erano ricercate le biglie dai fantasmagorici colori. Trottole e birilli erano un tesoro che ti assicurava una corte di amici con cui condividerli. Perlopiù i maschi, costruivano semplici ma micidiali fionde con cui facevano gare di tiro. Purtroppo spesso le vittime dei loro proiettili erano innocue lucertole o uccellini che per fortuna erano più veloci a fuggire. Senza niente si poteva giocare alla morra, provare ad ammaestrare una lucertola; con una tavoletta e 2 corde si poteva montare un'altalena e quindi volare.
Con le nocciole si facevano collane così belle che era un peccato mangiarle.
Il primo lavoro retribuito è stato in fondo un gioco: si andava tutti insieme nel Magra a raccogliere vimini, si "scorticavano" con un pezzo di legno tagliato in mezzo, se ne facevano fascine che poi venivano vendute a cestai per 5/10 lire.
E poi Natale, la tombola nelle sere di vacanza, quando per segnare i numeri si usavano fagioli e granturco. E sull'albero poche palline di negozio, poi tutto quello che si trovava di colorato o appetibile: mandarini, noci, figurine.
Va bene, un po' sono caduta nella retorica della nostalgia, ma,dicevo, le vetrine di giocattoli non mi riconciliano con feste ormai convertite all'intemperanza del consumo, forse per l'enorme disponibilità di scelte che ti disorienta, forse per la qualità di molte proposte: alcuni giochi hanno istruzioni difficilissime incomprensibili ai bambini e snervanti per i genitori.
Ma esistono ancora le letterine con i brillantini d'oro e d'argento da mettere sotto il piatto dei genitori? Loro dovevano fingere la sorpresa e solo così poteva avere inizio il pranzo di Natale.
O si sono smarrite come i cacciatori di aquiloni?
(by Annacarla)
1 commento:
Ya lo se que tu artìculo no habla de la Navidad pero me gustarìa hablar un poco del hecho que hoy segùn mucha, demasiada, gente, como para ti Annacarla, la Navidad es la fracciòn de tiempo desde que se ponen las lucecitas y decoracions hasta que la quitan; es cuando el trafico en las ciudades se hace mas insoportable y la gente està màs irritable y susceptible. Parece que la Navidad se limita a unos dias de caos en el que algunos respetan las tradiciones y otros se aprovechan de ellas y quizà si en serio ahora es asì. Pero para mi la Navidad tiene una carga muy fuerte no obstante todo, no obstante el hecho que no existen màs los juegos de una vez y este año aun màs. Y me da igual si no hay juegos, si no hay regalos porque el importante no es todo lo que està alrededor de la Navidad, es su animo, es el poder vivir un buen dia en casa de tu abuela con los familiares màs amados, con muchos postres sobre la mesa, sin pensar a nada. Lo siento mucho si es una visiòn de la Navidad un poco antigua y también egoìsta pero es como quiero pasarla.
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