sabato 15 novembre 2008

Ciao, Pontremoli!

(foto:suecumberpatch)
“Ciao, Chicago!
Se c’è qualcuno lì fuori che ancora dubita
che l’America sia un posto dove tutto è possibile;
che ancora si chiede
se il sogno dei nostri padri fondatori sia ancora vivo;
che ancora mette in dubbio il potere della nostra democrazia;
questa notte è la vostra risposta”
(Barack Obama, Grant Park, Chicago, 4 novembre 2008)

Anche noi vorremmo gioire in una notte fredda e stellata, nel Parco della Torre, ascoltando lo speach di un Obama di noialtri, che ci dia la risposta che cerchiamo: vivere in un paese dove tutto è possibile.
Un paese dove si respiri l’audacia della speranza, non la meschinità o il cinismo del tirare a campare: yes, we can.
Dove le dinastie clintoniane siano costrette a fare un passo indietro: yes, we can.
Dove ci siano meno Sarah Palin: yes, we can.
Dove i neoconservatori si accorgano che sopra San Terenziano e sotto l’Annunziata il mondo è cambiato: yes, we can.
Dove la gente smetta di criticare i piccoli e ossequiare i grandi: yes, we can.
Dove le persone pensino alla comunità come qualcosa di più grande della somma dei loro interessi personali: yes, we can.
Dove la terza domenica di luglio si potrebbe organizzare un premio letterario: yes, we can.
Dove le sacrestie, le taverne ed i salotti chiusi siano meno frequentati delle Chiese e Palazzi Aperti: yes, we can.
Dove accoglienza, dignità e radici cristiane bussino alla porta della Casa Rossa, poiché “le nostre storie sono diverse ma condividiamo lo stesso destino”: yes, we can.
Dove comprare giornali e settimanali locali valga il sacrificio di spendere un euro: yes, we can.
Dove i sinistrati in cammino verso l’autoestinzione si accorgano che la guerra per bande e l’isolamento settario non sono strumenti politici: yes, we can.
Dove se c’è un’amministrazione, batta un colpo: yes, we can.
Dove quanti credevano che questa volta doveva essere diversa e che le loro voci potevano fare la differenza non rinuncino ora abdicando alla speranza: yes, we can.
Dove l’idea di un’isola pedonale non sia bollata come una pericolosa deriva rivoluzionaria : yes, we can.
Dove possiamo “resistere alla tentazione di ricadere nelle stesse divisioni e nelle stesse meschinità e immaturità che hanno avvelenato così a lungo la nostra politica”: yes, we can.
Dove sia possibile incontrare giovani che rifiutano il mito dell’apatia della loro generazione: yes, we can.
Dove non si debbano più scrivere lettere sulla stanchezza sotto il Cielo di Pontremoli: yes, we can.
Dove non si debba, infine, attendere un Obama per aprire le porte alle opportunità: yes, we can.
Can we?

(by Ottavio)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

nel mondo qualcuno sa ancora sognare. ma non qui. il nostro è un sonno senza sogni...

Anonimo ha detto...

Caro Ottavio,
è molto bello il tuo post. In Lunigiana, e in Italia in generale, comunque, non potremo dire "yes we can" finché:
1)si accusano la politica e i politicanti senza una reale proposta di cambiamento ed una reale partecipazione di chi critica. La politica cambierà quando chi c'è dentro (e chi non c'è ancora) condurranno battaglie per cambiarla, e che vinca il migliore.
2)si accusano amministrazioni immobiliste ma non si accenna minimamente alle precedenti gestioni che ci hanno portato ad un generale immobilismo anche mentale.
3)si accusa il fatto di trovare solo giovani apatici: proprio questi mesi i giovani tanto vituperati per la loro presunta passività si sono mobilitati e ci hanno dimostrato che, se solo volessero, potrebbero prendersi il mondo in mano. I giovani vanno incentivati, non vanno continuamente calunniati. E poi, i giovani, sono i nostri figli e sono il nostro prodotto. Forse dobbiamo farcela noi qualche domanda su come li abbiamo allevati.
5)ci lamenteremo senza mai provare a diventare i soggetti del cambiamento, a prendere posizione, a proporre, a tentare di scalzare la gerontocrazia sociale, politica e partitica.
6)ed infine, finché non diventeremo audaci come quei giovani che in questi mesi si sono spesi per difendere in qualche modo un bene essenziale per la crescita morale e materiale di una società: l'istruzione pubblica, che va difesa dalla scure dei tagli e in cui sarebbe necessario introdurre metodi democratici di gestione per non continuare a lasciarla in mano ai cosiddetti "baroni".

Sono l'impegno e l'entusiasmo che possono aprire la via al cambiamento, non il pessimismo!

Un saluto